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Arrivo al rifugio Calvi (scorri la gallery!)
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Ultimi passi verso il rifugio Calvi
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Pizzo del Diavolo di Tenda, Diavolino e Grabiasca sul lago Rotondo
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Ai piedi della diga, panorama su Diavolo di Tenda e Diavolino

Al rifugio Calvi

Per un motivo o per l'altro, la nostra prima ciaspolata stagionale è avvenuta la scorsa domenica, il 3 dicembre 2023. Non siamo infatti riusciti a sfruttare le nevicate di novembre o meglio: non abbiamo trovato tanta neve da poter usare le ciaspole!

Teatro della prima uscita l'alta val Brembana, più precisamente la risalita da Carona (via Carisole, prima del tratto più ghiacciato della strada) al rifugio Calvi (2015 mslm) lungo la mulattiera che percorre la vallata aprendosi progressivamente a panorami inattesi. In tutto sono nove chilometri (per direzione) con un dislivello in salita di novecento metri.

La partenza, infatti, avviene da Carona e si rimane in una vallata chiusa, ombrosa (soprattutto tra dicembre e gennaio) e fredda per diverse decine di minuti. Spezzano la salita due momenti: il passaggio dal borgo di Pagliari e la cascata di val Sambuzza.
Ma quando la valle si apre un po' ecco spiccare il Pizzo Torretta, a dominio del Lago del Piano, e poi, soprattutto, il Pizzo del Diavolo di Tenda ed il Diavolino, dalla sagoma inconfondibile. E la bellissima piana oltre il lago artificiale di Fregabolgia, dove sorge il rifugio Calvi.

La salita, però, è lunga. Si diceva che sono due i momenti a spezzare la monotonia: Pagliari e la cascata di val Sambuzza.
Il primo appare oggi, ed in particolare in inverno, come un sonnacchioso villaggio abbandonato. Fino a cent'anni fa, però, pullulava di vita: erano in funzione un'osteria, una fontana e la chiesetta dedicata a San Gottardo. Pagliari, nei secoli, è stato l'ultimo appoggio in val Brembana prima delle rampe verso la cresta di confine con la Valtellina: qui, nel Medioevo, passavano i contrabbandieri che non volevano soggiacere ai dazi imposti dalla Serenissima a chi percorreva il passo di San Marco. Con la modernità il paese è andato incontro ad uno spopolamento: negli anni Sessanta gli abitanti erano ancora poche dozzine, ma il declino è stato inesorabile. Recentemente, invece, si è provveduto a dare nuova vita a Pagliari con ristrutturazioni e ricostruzioni: almeno in estate, quindi, il paese è popolato!
La cascata di val Sambuzza, invece, pur se vìolata da finalità idroelettriche e da una messa in sicurezza abbastanza ingombrante, mantiene un certo fascino. Nelle giornate più fredde l'umidità crea intriganti formazioni di ghiaccio. Attenzione a non scivolare!

La mulattiera, ampia, prende quota con decisione fino a spianare in prossimità di un ampio pianoro dove si affacciano le prime occhiate di sole e si trova il Lago del Piano.

Oltre questo punto abbiamo calzato le ciaspole (noi e pochi altri) perché, pur non essendoci molta neve, abbiamo trovato più comodo evitare di affondare, anche se solo per pochi centimetri, ad ogni passo. In precedenza non abbiamo utilizzato nemmeno i ramponcini mentre in discesa abbiamo cambiato le ciaspole con i ramponcini proprio qui, al Lago del Piano.

In poco meno di due ore si arriva ai piedi della diga di Fregabolgia (190 metri di lunghezza per un'altezza massima di 60 metri) dove vale la pena deviare verso una radura ed ammirare il Pizzo del Diavolo di Tenda ed il Diavolino: che spettacolo!

Con un paio di tornanti si prende quota e si raggiunge la sommità della diga. Il bacino era semivuoto: a regime può arrivare a contenere 4.680.000 metri cubi d'acqua. La diga è oggetto di lavori di ristrutturazione.

Inizia qui l'ultimo tratto, il più facile, quasi in piano fino al rifugio Calvi. In determinate condizioni questo passaggio può risultare pericoloso tanto da sconsigliare la prosecuzione (possibili scariche sulla sinistra di chi sale) ma quando siamo saliti la neve era talmente poca che si poteva procedere tranquillamente: traccia ampia e poca neve sul pendio da valutare.

Arrivati al rifugio c'è stato modo di tornare ad ammirare il Pizzo del Diavolo di Tenda ed il Diavolino, il Grabiasca ed il piccolo Lago Rotondo ai loro piedi. Sull'altro versante un'isolata baita punteggia un pendio al cospetto del Madonnino.

Il rifugio era chiuso (come annunciato sul profilo Instagram) ma propone - ultimamente - aperture invernali nei weekend o nei periodi festivi. Un panino ed una bella divagazione in neve fresca ci hanno impegnato un'oretta prima di rientrare al punto di partenza con un'unica variante: oltre la diga, infatti, non abbiamo seguito la mulattiera ma abbiamo tirato dritto seguendo una traccia più esile che è scesa con più decisione alla deviazione verso la radura panoramica (variante da meno di cinque minuti!).

Due parole sul rifugio Fratelli Calvi, che non va confuso con il friulano rifugio Pier Fortunato Calvi (sulle montagne di Sappada, è il più alto della regione): la costruzione risale al 1935. I fratelli Calvi, cui è dedicato, sono quattro, originari di Piazza Brembana. Attilio e Santino morirono, eroicamente, durante la Grande Guerra mentre gli altri due, Giannino e Natale, negli anni immediatamente successivi: il primo per l'influenza spagnola, il secondo a causa di un incidente in montagna, sulla parete dell'Adamello.
Dopo numerosi interventi, il rifugio è stato abbattutto e ricostruito negli anni Ottanta del Novecento.

La valle percorsa con questa ciaspolata è una delle valli del Brembo: qui, infatti, nasce il Brembo di Carona che a Branzi si unisce al Brembo di Valleve (a sua volta formato da vari confluenti). Questo torrente scende a valle ed a Lenna si unisce al Brembo Occidentale o di Olmo dando origine al Brembo propriamente detto.

  05/12/2023

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