da Lipsia a Trento, passando anche per la città di Cremona: quasi 150 anni di storia
La storia del rifugio Città di Trento al Mandrone (per tutti "rifugio Mandrone") è legata - come spesso accade per i rifugi situati in Trentino ed Alto Adige - al Club Alpino Austro Tedesco che, per mano della sezione di Lipsia, costruì il primo ricovero nel 1879. Meno di vent'anni dopo, nel 1896, l'edificio venne sostituito da un'altra costruzione, più ampia.
Il nuovo rifugio ebbe però vita breve: durante la Grande Guerra, infatti, venne distrutto dai colpi dell'esercito italiano mentre il più antico manufatto venne affidato al CAI di Cremona che ne curò la gestione per alcuni anni prima di ritirarsi a seguito della crisi economica e logistica dovuta alla Seconda Guerra Mondiale.
Oggi l'originaria Leipziger Hütte, poi divenuta il rifugio cremonese, è oggi sede del Centro Studi Adamello dedicato a Julius Payer, luogotenente dell'esercito austroungarico che fu protagonista di varie esplorazioni in questo settore delle Alpi. Un personaggio di cui spesso si è parlato anche su www.cicloweb.net
Il rifugio attuale - di cui è appena terminata la ristrutturazione - fu inaugurato nel 1959 dall'allora sindaco di Trento Nilo Piccoli e venne intitolato proprio alla città capoluogo. Nei suoi pressi si trovano una chiesetta, realizzata in pietra locale, ed un piccolo cimitero di guerra.
Situato a 2449 metri di quota, nel cuore della conca del Mandrone, la posizione del rifugio è strategica sia nella stagione estiva, quando funge d'appoggio per la conquista di diverse vette o passi e per l'accesso al Pian di Neve sia durante la stagione scialpinistica quando si trova sulla "mezza via" tra la conca del Presena ed i ghiacciai adamellini.
Ma come si arriva al rifugio del Mandrone?
La via classica estiva è il sentiero 212 che sale dalla val Genova, e precisamente dal rifugio Bedole (1640 mslm), prendendo quota con decisione fino ai 2100 metri della "sosta di mezza via". Qui si esce dal fitto bosco di conifere e si prende a camminare su una evidente traccia che si snoda tra pietraie e praterie d'alta quota, su pendenze meno severe. In circa due ore (segnaletica CAI: 2h30' dal rifugio Bedole) si raggiunge il rifugio Mandrone.
E perchè andare al rifugio Mandrone? In tre parole: paesaggio, ghiacciai e storia.
Il rifugio è un balcone affacciato sui ghiacciai - in fase di forte e triste ritiro - dell'Adamello: appena usciti dal bosco e via via che ci si avvicina alla meta si gode di un'ampia e privilegiata visuale sul Crozzon di Lares ed il Corno di Cavento, sulla Vedretta delle Lobbie, sulle Lobbie stesse e sulla Vedretta del Mandrone.
Il paesaggio lunare che avvolge il rifugio è punteggiato da svariati laghetti nei quali è affascinante il riflesso delle cime e dei ghiacci.
Non solo il gruppo dell'Adamello (la cima vera e propria non si vede mai): volgendo lo sguardo verso nord-est, si individua la sagoma del massiccio della Presanella la cui vetta è nascosta dalle cime Vermiglio e Botteri. Se ne ammira, però, il ghiacciaio.
Come detto, il rifugio è ideale punto d'appoggio per il percorso verso il rifugio "Ai Caduti dell'Adamello alla Lobbia Alta", posto ai piedi delle Lobbie (a 3040 metri di altitudine) e un tempo costruito sul ghiacciaio (oggi, invece, il ghiacciaio è circa quattrocento metri più in basso). Tale posizione è importante anche in inverno, con le ciaspole: fin qui, infatti, si scende lungo la traccia che si abbassa da passo Presena. Oltre il Mandrone, invece, si inizia una traversata su fondo innevato che porta alla base del pendio che sale fino al rifugio Ai Caduti dell'Adamello alla Lobbia Alta. Sono da considerarsi novanta minuti da passo Presena al rifugio Mandrone e circa tre ore fino al rifugio delle Lobbie. Al ritorno, invece, un paio d'ore per entrambe i segmenti.
Lungo la traccia per questo rifugio, a poco più di un'ora dal Mandrone, si trova la Vedretta del Mandrone, innevata d'inverno anche se rimangono visibili i crepacci ed i "crateri glaciali" più evidenti. Vi si arriva con un tormentato sentiero che dapprima si snoda tra zone umide e laghetti ("i geologi direbbero che si passa per una serie di laghetti racchiusi in piccole conche di sovraescavazione, prodotte dall'azione dei ghiacci, e caratterizzate da rocce tonalitiche affioranti che, levigate dai ghiacci, sono in grado di raccontare i movimenti secolari dei ghiacciai") e poi risale pietraie e sfasciumi fino a circa 2800 metri di quota. In inverno, come detto, si spera che tutto questo sia innevato.
Una breve discesa porta alla fronte del ghiacciaio che risulta maestosa ed affascinante ma il cui disgelo rapido e inesorabile lascia una spiacevole sensazione di amarezza.
Attenzione all'orientamento: è facile perdere la traccia, questo percorso va quindi evitato nelle giornate a rischio nebbia o nubi basse.
Infine, si sottolinea la valenza storica di tutta l'area che fu teatro di cruenti scontri durante la Grande Guerra: qui correva uno dei fronti più "caldi" del conflitto (nonostante le temperature gelide ed il fatto che - proprio in pieno conflitto - fu riscontrato uno degli inverni più freddi del Novecento) e furono migliaia i caduti tra i soldati italiani ed austroungarici, sfiniti dalle intemperie, travolti dalle valanghe o colpiti dal fuoco nemico.
Ancora oggi, nonostante siano passati decenni, è facile imbattersi in materiale bellico abbandonato. Alla Prima Guerra Mondiale sono dedicati diversi musei ed esposizioni sia in val Rendena sia in val Camonica. Lo stesso rifugio Ai Caduti dell'Adamello alla Lobbia Alta ospita un piccolo museo di guerra.
La ristrutturazione del 2021-22
Il rifugio Mandrone, inaugurato il 10/9/2022, si presenta cambiato ma - tutto sommato - la nostra impressione è che il progetto abbia rispettato i "canoni classici" senza eccedere in virtuosismi fini a sè stessi. L'enorme vetrata regala ai frequentatori del rifugio una vista impagabile sulla Vedretta del Mandrone, sulle Lobbie, sul Crozzon di Lares e sui laghetti. Ci sono ancora le caratteristiche ante bianche ed azzurre mentre il caratteristico tetto arancione non è stato riproposto.
I lavori hanno adeguato il rifugio alle norme anti-incendio, incrementato il numero di posti letto e di posti a sedere nel ristorante, si sono create diverse stanze al posto della grande camerata, si sono realizzati nuovi servizi igienici. Inoltre, è stato effettuato un efficientamento generale dell’involucro attraverso la coibentazione delle pareti verticali, della copertura e sostituzione dei serramenti.
L'originaria terrazza è stata in parte sostituita da una nuova struttura coperta che sfrutta - come detto con ampie vetrate - l'illuimnazione naturale.
La stagione di apertura invernale del rifugio volge al termine ma ... un passaggio da queste parti va sicuramente messo in agenda per tutti i motivi descritti!