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Peccia (scorri la gallery!)
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Sant'Antonio
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Oratorio di San Grato
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Sant'Antonio, rientrando da Peccia
Piemonte

Val Vogna

IN BREVE
Partenza: parcheggi della val Vogna, da Ca' Janzo a Sant'Antonio a seconda delle prescrizioni comunali e della possibilità di parcheggio (circa 1300 mslm)
Arrivo: Peccia (1525 mslm) oppure l'Alpe Larecchio, 1910 mslm
Difficoltà e pericoli: la valle - apparentemente innocua - è soggetta a slavine su entrambi i versanti, anche rovinose in caso di forte innevamento. La strada di accesso viene chiusa quando il pericolo lo richiede. A pericolo cessato viene sgombrata fino a Sant'Antonio dove inizia una traccia battuta dal gatto delle nevi fino a Peccia. Chiedere informazioni ai rifugi della zona (Edelweiss e Valle Vogna), all'ufficio turistico locale ed al comune. Valutare localmente la prosecuzione fino all'Alpe Larecchio.
Con i bambini è consigliata fino a Peccia, un borgo walser immerso nelle montagne, da fiaba!

La val Vogna si apre verso sud, nei dintorni di Riva Valdobbia, recentemente aggregata ad Alagna Valsesia in un unico comune: può essere la sede di una bella ciaspolata all'insegna della cultura walser e di un bel panorama alpino, dominato dalla sagoma del Corno Rosso, alto 2979 metri.

Una premessa. Ripetiamo che questa ciaspolata, pur essendo "di fondovalle" è notevolmente esposta al rischio di slavine e quindi va intrapresa quando le condizioni lo consentono. Nella nostra esperienza, infatti, abbiamo percorso la forestale da Sant'Antonio a Peccia appena dopo la riapertura ed erano evidenti i segni delle slavine che - su entrambi i versanti - scendono dalle quote più alte fino al greto del torrente (marzo 2024).

La descrizione della ciaspolata in val Vogna è presto fatta: da Sant'Antonio si cammina su un'ampia pista forestale (la sterrata estiva) che conduce fino a Peccia.
Con qualche saliscendi si prende quota tra abeti e radure e si raggiunge la meta in meno di un'ora. I due versanti della valle Vogna sono molto diversi tra loro: la destra orografica, aspra, non ospita che qualche isolata baita. Sul versante sinistro invece (a destra di chi sale) si trovano pendii più docili in cui, nei secoli, si sono insediati i walser. E' davvero mirabile la cura che ha consentito ai tanti nuclei rurali di arrivare fino ai nostri giorni.
Il laghetto artificiale di Peccia si trova alla base del caratteristico borgo dove domina - inutile dirlo - l'architettura walser. Un quadretto davvero indimenticabile reso ancora più pittoresco dalla chiesetta di San Grato che svetta sulle poche case. L'edificio - che è più corretto definire oratorio - si trova nei pressi del ponte napoleonico. Risale almeno al '600 (viste le citazioni) ed è dedicato al vescovo di Aosta, patrono di Aosta, vissuto nel quinto secolo. Propone una facciata in stile valsesiano, con tetto a capanna coperto in piode. All'interno, se è possibile l'ingresso, si può ammirare un altare ligneo. Una fotografia riproduce la pre-esistente pala d'altare raffigurante la Madonna con San Grato e la Beata Panacea.

Per la prosecuzione verso l'Alpe di Larecchio, invece, è necessaria una valutazione locale della situazione anche se - generalmente - il pericolo slavine è più sensibile nel tratto tra Peccia e Ca' Janzo.
Fisicamente, però, la ciaspolata si fa più impegnativa. Le pendenze, infatti, aumentano parecchio, subito dopo San Grato. Si segue la linea del sentiero estivo. Si sale con decisione per poco più di un'ora tra i larici, godendo anche di suggestivi passaggi accanto a storici muretti a secco.
La mulattiera, infatti, ha un'origine antica. E' stata per secoli un luogo di passaggi per viandanti (ma anche per mercanti e contrabbandieri) che volevano spostarsi tra la Pianura Padana e la Valle d'Aosta (e poi la Francia) e passavano attraverso il Colle Valdobbia (2480 mslm), dove oggi si trova l'Ospizio Sottile (chiuso in inverno) di cui parla questa pagina di www.cicloweb.net (clic).

Clicca per aprire la mappa Kompass, da usare esclusivamente come riferimento. I percorsi invernali differiscono spesso da quelli estivi e vanno adattati alle condizioni oggettive (le mappe Kompass abitualmente indicano in azzurro la traccia invernale).

Ma chi sono i walser?
Definiti anche come "il più nobile popolo delle Alpi", i walser erano popolazioni di stirpe germanica che valicarono lo spartiacque alpino per insediarsi in diverse località del versante meridionale della catena, in particolare nel Piemonte settentrionale ed in Valle d'Aosta. L'isolamento e le difficoltà oggettive che fronteggiarono crearono nel popolo walser una grande competenza tecnica ed interessanti forme di organizzazione sociale. Alagna conserva ancora diversi tratti della cultura walser nella parlata e, soprattutto, nell'edilizia: sono tantissime le abitazioni caratteristiche, dove spicca un affascinante connubio di legno e pietra.
Ma da dove venivano i walser? Premesso che tanti aspetti della loro migrazione non sono ancora stati chiariti, è invece noto che la loro provenienza, come suggerisce anche il nome stesso, è legata al territorio ora noto come Vallese (e dunque walser come contrazione di "walliser"), in Svizzera. La loro parlata è il Titsch, una variante del tedesco (deutsch) con cui, ovviamente, permangono molte similitudini (basti solo pensare alla parola "dorf" inteso come nucleo del villaggio): ogni area ha la sua variante, si parla dunque di titsch di Gressoney-Saint-Jean e La-Trinité, il töitschu di Issime e il titzschu di Alagna Valsesia e Rimella.  Si ipotizza che la migrazione dei Walser sia stata dovuta a diverse concause: un periodo climatico favorevole, una sovrappopolazione dei territori di partenza ed alcuni "incentivi", diremmo oggi, concessi dai signori dell'epoca.
Alagna e la vicina Riva Valdobbia - come la val Formazza, come alcuni paesi della valdostana valle del Lys, come Macugnaga - sono dunque uno scrigno prezioso che vale la pena conoscere.

Clicca per aprire la mappa Kompass, da usare esclusivamente come riferimento. I percorsi invernali differiscono spesso da quelli estivi e vanno adattati alle condizioni oggettive (le mappe Kompass abitualmente indicano in azzurro la traccia invernale).

SUL WEB
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